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Cecco di Pietro

Cecco di Pietro


Cecco di Pietro (Pisa, 1330 circa – Pisa, prima del 1402) è stato un pittore italiano ed uno dei più importanti della scuola pisana della seconda metà del Trecento.

Di origine pisana, si ritiene che sia il Cecco Pieri abitante a Lucca presso il pittore Paolo di Lazzarino che viene citato in un documento del 13 luglio 1351. Da questo è stato dedotto che sia nato verso il 1330 e che sia stato allievo o compagno di lavoro del pittore lucchese.

Cecco era già in attività nel 1364, anno in cui doveva essersi emancipato dalla famiglia d'origine potendo figurare come testimone in due atti notarili rogati a Pisa. Poco prima dovette collaborare, in posizione subordinata, con il grande pittore lombardo Giovanni da Milano, di passaggio in città per la realizzazione di un polittico destinato a una chiesa pisana e oggi diviso fra il Louvre, il museo di Williamstown e il Museo Nazionale di San Matteo a Pisa. Una cuspide raffigurante l'Arcangelo Gabriele, un tempo nel registro superiore di quel polittico, si distingue infatti dal linguaggio raffinatissimo del maestro lombardo e dimostra la ruvidità che sarà poi tipica di Cecco, rivelandosi ben confrontabile, secondo recenti proposte, con opere certe del pittore pisano anche nelle sigle adottate per modulare i lineamenti del volto. Probabilmente, Giovanni da Milano, dopo aver approntato il disegno, ne delegò l'esecuzione al giovane collega, che proseguì poi la propria carriera in modo autonomo.

È noto infatti che nel 1371 Cecco collaborava con un altro artista attivo in città, il volterrano Francesco Neri, per il re-stauro e il completamento degli affreschi realizzati trent'anni prima nel Camposanto da Taddeo Gaddi. Questa circostanza ha fatto a lungo pensare che Cecco fosse stato un allievo diretto di Francesco Neri: anche se tale idea appare inesatta, è evidente come l'esempio del volterrano esercitò su di lui una decisa suggestione. Alcune tavole dipinte da Cecco di Pietro sembrano infatti trarre ispirazione da altre di Francesco Neri, citandone inusuali soluzioni nografiche, e più in generale Cecco dimostra di aver guardato con interesse al linguaggio plastico ed es senziale del collega di origini volterrane. La sua produzione artistica raggiunse probabilmente il suo apice negli anni 1370 e 1390.

Il suo nome compare spesso nei documenti degli ultimi trent'anni del XIV secolo, tanto che in quel periodo sembra aver quasi monopolizzato la produzione di polittici destinati alle chiese e ai monasteri della diocesi.

Le opere appartenenti al suo percorso artistico sembrano ben inquadrabili in quel "revival" giottesco che imperversava in Toscana negli ultimi vent'anni del Trecento, e il linguaggio del pittore pisano, attivo almeno fino alla metà dell'ultimo decennio del secolo, non sembra aver attraversato vistose evoluzioni, mostrando soltanto, nelle opere più tarde, una certa apertura ai modi più fantasiosi della pittura tardogotica, Il suo stile si è infatti evoluto nel corso della sua carriera, iniziando prima come esempio della scuola di pittura pisana e infine sviluppandosi in un ibrido di stili senese e pisano. La più grande influenza di Cecco da parte della scuola pisana fu nel suo uso dei punzoni, con i quali incideva nella tavola superbe forme e motivi, secondo l'uso toscano del Trecento.