Antonio Paglia
Antonio Paglia (Brescia, 1680 – Brescia, 1747) è stato un pittore italiano.
La data di nascita non è del tutto chiara e, stando ai documenti recuperati nel 1964 da Camillo Boselli nell'archivio della chiesa di San Giovanni Evangelista, oscilla tra il 1680 e il 1685. Tra le due, comunque, è comunemente accettata la prima[2]. Anche l'atto di morte, recante la data 1747, è stato recuperato dal Boselli nella stessa occasione.
Figlio del più celebre Francesco Paglia, uno dei principali esponenti della pittura barocca bresciana, impara l'arte della pittura nella bottega del padre assieme al fratello Angelo. Proprio con il fratello avvia uno stretto rapporto di collaborazione, non ancora approfondito, che dura sicuramente molti anni: la prima opera nota firmata e datata da Antonio è del 1710, quando il pittore era ormai trentenne. Singolare, allo stesso modo, l'assenza del suo nome nelle guide artistiche di Brescia di Giulio Antonio Averoldi, del 1700, e soprattutto nell'ultima redazione della guida del padre, il Giardino della Pittura, databile al 1708-13. Antonio, così come il fratello Angelo, sono citati per la prima volta nella redazione del Giardino relativo al territorio bresciano del 1692-94, ma si tratta forse di interpolazioni successive eseguite da Francesco, o dagli stessi figli, per aggiornare il manoscritto.
Le prime opere note di Antonio si rifanno decisamente a quelle del padre, dalle quali riprendono le forme graziose e i toni grigi segnati da luci improvvise. Di conseguenza, non presentano vene innovatrici o, comunque, nuove rispetto a quanto appreso nella bottega paterna. Il nuovo stile del pittore esplode dopo il proficuo soggiorno veneziano: nel San Giovanni del 1726 è caratterizzato da un colorismo mantenuto su tinte schiarite, mentre le pennellate si fanno più libere e sfatte. Il tutto presuppone un chiaro orientamento verso la vera pittura settecentesca veneziana, le cui basi vengono apprese dal Paglia nella bottega del Ricci.
Se la maturità conquistata vede Antonio aperto ai problemi cromatici e formali più moderni, affiorano talvolta le tipologie imparate nella bottega del padre, ma rielaborate nella tecnica esecutiva propria del Ricci. Una definitiva evoluzione si ha solo a partire dal 1740 verso modelli più piani, pacati, rivolti a illustrare, anche nei dipinti sacri, una quotidianità del reale mutuata dalla secolare tradizione bresciana a partire da Romanino e Moretto e ancora riproposta dai suoi contemporanei quali Giacomo Ceruti e Antonio Cifrondi, dei quali, però, non avrà mai la tempra e l'immediatezza.
Con Antonio Paglia si estingue il filone guercinesco che, portato a Brescia dal padre, invece di fondersi con l'acceso cromatismo veneto dando esiti originali per la pittura bresciana, ne rimane completamente soffocato.