Venne fondato nel 1585 da Giovanni d'Avalos, figlio di Alfonso III d'Avalos. Fu eretto sul luogo dove esisteva una chiesa dedicata alla Trasfigurazione, in seguito intitolata al Ss. Redentore. Un grande arco è custode del vano d'ingresso, in alto, c'è lo stemma dei Camaldolesi; e da qui si accede poi alla chiesa, costruita sulle rovine dell'antica cappella; quest'ultima è affiancata dalla grande torre campanaria e da un belvedere suddiviso in due aree, la prima per i monaci e l'altra per i visitatori.
Il complesso, durante l'arco della sua storia, è stato soppresso due volte: la prima per volere di Napoleone nel 1807 e la seconda per volere dei Savoia nel 1866. Nel 1885, l'eremo ritornò ad essere gestito dai Benedettini Camaldolesi. Attualmente il complesso è retto dalle suore brigidine. L'edificio è stato progettato da Domenico Fontana ed è grazie a lui se la struttura religiosa presenta caratteristiche tardo-rinascimentali.
L’Ultima Cena collocata sopra la porta d'ingresso reca la firma di Massimo Stanzione, mentre la Trasfigurazione posizionata alle spalle dell'altare maggiore è attribuita a Federico Barocci. Le opere pittoriche visibili nelle cappelle laterali sono di: Agostino Tesauro, Ippolito Borghese, Antiveduto Gramatica, Luigi Rodriguez, Fabrizio Santafede, Giovanni Bernardino Azzolino, Cesare Fracanzano; mentre le varie sculture in stucco che si ammirano lungo la navata sono del sammartiniano Salvatore Di Franco. Tra gli ambienti adiacenti alla chiesa è degna di menzione la Sala del Capitolo, la quale è impreziosita da affreschi e tele di Evangelista Schiano.
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