La Cronaca del Doge Andrea Dandolo, scritta a metà del '300, pone la fondazione della chiesa di San Giuliano nel 832. Il primo documento certo sull'esistenza della chiesa risale al 1061. Nel 1205 un incendio devasta la città e la chiesa di San Giuliano, che venne riedificata. A metà del '500 la chiesa duecentesca è ormai pericolante e la ricostruzione si intreccia con la straordinaria figura di medico ed erudito Tommaso Rangone da Ravenna (1493-1577). Nel 1553 il Rangone ottiene dal Senato della Repubblica che venga accolta la sua offerta di ricostruire la facciata della chiesa di San Giluliano, in cambio egli potrà collocarvi la propria statua. In corso d'opera il tetto della vecchia chiesa crolla. Il Rangone contribuiusce alla spesa ottenendo in cambio che la sua tomba sia collocata al centro del presbiterio.
La facciata di questa chiesa venne realizzata da Jacopo Sansovino, ma dopo la sua morte nel 1570 subentrerà Alessandro Vittoria. Ai due lati del portale principale vi sono due iscrizioni, una in lingua greca e l'altra in ebraico, che celebrano il medico e filosofo ravennate Tommaso Rangone, che finanziò il rifacimento della facciata in cambio della sua trasformazione in un monumento a propria esaltazione. Nella lunetta del frontone il Rangone si erge su un'urna funebre, rivestito della toga dottorale mentre consegna ai posteri la sintesi del suo sapere avvolto in una complessa simbologia.
L'interno, costituito da una sola navata a forma pressochè quadrata, si possono ammirare opere di: Jacopo Palma il Giovane San Giuliano in gloria e l'Assunta, Boccaccio Boccaccino La vergine in trono col Putto tra i Santi Pietro, San Michele arcangelo, Giovanni Battista e Giovanni Evangelista, Paolo Veronese La Sacra Conversazione, Gerolamo Campagna a mostrare Cristo morto sostenuto dagli angeli e di molti altri artisti; un'occhiata speciale meritano i meravigliosi stucchi di Alessandro Vittoria. Notevole risulta anche il soffitto in legno a cassettone suddiviso in comparti con splendide cornici dorate che ospitano il dipinto di Jacopo Negretti.
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