La costituzione dell’Archivio Arcivescovile di Bologna risale al 1573, quando il card. Gabriele Paleotti (1566-1597) fece costruire all’interno del palazzo arcivescovile un’ampia sede per l’archivio episcopale. In esso confluirono gli archivi prodotti dal capitolo, dalla mensa vescovile e dalla curia e tutta quella documentazione curiale, costituita da ordinazioni, collazioni, visite pastorali e decreti di vario genere, che da quel momento, per disposizione del Paleotti, cessò di essere conservata tra gli atti ordinari dei notai. L’attuale denominazione dell’Archivio risale all’episcopato del card. Carlo Oppizzoni (1802-1855), che riorganizzò la diocesi dopo le confische napoleoniche. Egli dotò l’Archivio di una nuova sede, sempre all’interno del palazzo arcivescovile, e vi raccolse i fondi degli enti ecclesiastici, delle corporazioni e dei capitoli che necessitavano di prove documentarie per la loro ricostituzione.
Coi suoi quasi quattro chilometri di scaffalature, gli oltre settanta fondi e le decine di migliaia di unità archivistiche, l’Archivio Arcivescovile è di fatto uno dei maggiori per sviluppo in metri lineari della città di Bologna. I fondi sono per lo più di ambito ecclesiastico; come di norma negli archivi diocesani, vi si conservano le carte legate all’attività dell’arcivescovo (Mensa, Segreteria, etc.), della curia (Cancellerie, Fori, etc.) e del capitolo della cattedrale (Archivio Capitolare, Fondo Musicale, etc.). Sono inoltre custoditi archivi di parrocchie (per lo più soppresse), di persona (ad esempio il fondo Breventani, il fondo Baroni e gli archivi Acquaderni) e perfino d’impresa (L’Avvenire d’Italia). Altra tipologia di fondi è quella formatasi nel corso del tempo a partire da materiali eterogenei o di provenienza incerta (Miscellanee Vecchie e Ricuperi).
Si consiglia di verificare la corrispondenza degli orari di apertura contattando direttamente la struttura.