Agnese fu sepolta in un cimitero ipogeo già esistente, che le fonti antiche affermano essere di proprietà della famiglia della martire, e collocato nei pressi di un possedimento imperiale. Dallo studio delle fonti epigrafiche e dalla tipologia di sepoltura si deduce che questo cimitero risale alla seconda metà del III secolo e corrisponde alla prima regione dell'intero complesso sotterraneo. Sopra questa catacomba fu edificata in memoria della martire una edicola, al tempo del papa Liberio (352-366), trasformata da papa Simmaco (498-514) in una basilichetta, ed infine completamente rifatta e trasformata nell'attuale basilica da papa Onorio I nella prima metà del VII secolo: l'edificazione della basilica onoriana comportarono tagli e distruzioni della sottostante catacomba.
Nel corso del IV secolo, al primitivo nucleo cimiteriale, se ne aggiunsero altri, che oggi corrispondono alle altre tre regioni. In particolare, il terreno subdiale sopra la quarta regione fu espropriato dall'imperatore Costantino che vi edificò la prima basilica dedicata alla martire Agnese (oggi ridotta a ruderi) ed il mausoleo di Costantina, ove poi saranno sepolte le figlie dell'imperatore, Costantina appunto ed Elena. Scavi condotti negli anni settanta del XX secolo hanno dimostrato che il sopraterra della quarta regione era occupato da una necropoli pagana risalente alla metà del II secolo, distrutta per la costruzione della basilica costantiniana: la stessa cosa era avvenuta sul colle Vaticano quando, per la costruzione della basilica di san Pietro, l'imperatore Costantino ordinò la distruzione e l'interramento della precedente necropoli.
L'intero complesso catacombale fu in seguito abbandonato e dimenticato. Venne riscoperto ed esplorato all'inizio del XVI secolo da un frate domenicano, Onofrio Panvinio. Divenne poi oggetto di studio di Antonio Bosio nella sua Roma sotterranea (1632), il quale però la confuse con il vicino Coemeterium maius, collegato alla nostra catacomba da un antico arenario. Nel corso del Settecento la catacomba di sant'Agnese, e soprattutto la seconda regione, fu gravemente danneggiata dai cosiddetti corpisantari, cercatori di reliquie e tesori. Su incarico di Giovanni Battista de Rossi, nella seconda metà del XIX secolo Mariano Armellini operò una serie di scavi del cimitero ipogeo, riportando alla luce, in buono stato di conservazione, alcune sue parti: dobbiamo all'Armellini la distinzione della catacomba in quattro regioni. All'inizio del Novecento il sacerdote Augusto Bacci, su incarico del cardinale titolare della basilica, fece una campagna di scavi, fondamentale per la ricostruzione storico-topografica della memoria di sant'Agnese e della prima regione. Infine negli anni 1971-72 il sacerdote Umberto Maria Fasola studiò la quarta regione, giungendo alle conclusioni di cui si è già fatto cenno sopra.
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