Si tratta della tipica abitazione gallurese con oltre 5.000 reperti datati dalla fine del 1400 alla prima metà del 1900. Il pezzo più antico e pregiato di questo paradiso dell’etnologia è senza dubbio il martello della “Femina Agabbadòra”, il più antico strumento per la pratica dell’eutanasia. Un palazzetto a tre piani di fine 1700, una casa modesta, con il classico granito a vista e nulla che lo faccia distinguere da tanti edifici di questa Gallura dove anche la pietra ha una sua storia. Aldilà di questi muri di granito, i materiali e gli oggetti che arredano lo strepitoso museo hanno una particolarità. Sono animati. Forma e sostanza, atto e potenza di tutto ciò che si è mosso, che è stato tra i pastori, gli agricoltori, gli artigiani, le famiglie di questo lembo di terra. I tentativi di catalogare, descrivere, etichettare questo piccolo tesoro sono del tutto vani. Per capire bisogna respirare, guardare, ascoltare.