La chiesa parrocchiale fu costruita fra 1806 e 1820 in sostituzione del vecchio edificio sacro che, secondo la tradizione cristiana, aveva l'abside con l'altare a est (verso il naviglio Martesana), la facciata rivolta a ovest e occupava l'area dell'odierno sagrato. Motivo di questa completa sostituzione è la volontà testamentaria del duca Gian Galeazzo Serbelloni (1744-1802), signore di Gorgonzola. Il Serbelloni vincolò la sua unica erede, Luigia Busca, a destinare una rendita annua di 16.000 lire alla costruzione e al mantenimento di ben due edifici da costruirsi ex novo a Gorgonzola: la chiesa e l'ospedale. Il duca indicò anche il nome del responsabile dei progetti, il ticinese Simone Cantoni (1739-1818), architetto di fiducia già del padre Gabrio e autore, tra l'altro, del palazzo Serbelloni di Milano.
L'artista più celebre che fu chiamato a dare il suo contributo all'abbellimento della nuova chiesa è Benedetto Cacciatori (1794-1871), carrarese di origine ma milanese per formazione e professione: alcune sue sculture decorano i caselli daziari di Porta Venezia e l'Arco della Pace a Milano. Per il cantiere di Gorgonzola Cacciatori scolpì e modellò in circa trent'anni oltre una trentina di opere: tutte le dodici sculture in pietra poste nelle nicchie delle pareti (dottori della Chiesa, evangelisti, profeti), i due angeli in marmo di Carrara dell'altare maggiore, i bassorilievi con gli episodi del Vangelo e altro ancora.
Degni di nota sono i due pulpiti in legno di noce, disegnati da un maestro dell'Accademia di Brera, Domenico Moglia (1782-1867), in stile Impero, alla pari dei fregi dorati dell'altare maggiore. L'altare maggiore e i confessionali, invece, sono stati disegnati dallo stesso Cantoni. I quattordici quadri della Via Crucis, realizzati secondo lo stile classico dell'edificio, furono donati nel 1920.
Il mausoleo a sinistra della chiesa fu ideato da Simone Cantoni per il duca Gian Galeazzo nel 1776. Destinato a ospitare le sepolture dei membri dell'illustre famiglia Serbelloni, anticipò di alcuni anni i provvedimenti governativi austriaci e poi napoleonici che posero fine all'antica usanza di seppellire i defunti all'interno delle chiese. Sulla volta del mausoleo è ben conservato il grande dipinto murale del pittore ticinese Domenico Pozzi (1745-1796), che raffigura la visione del profeta Ezechiele: un soggetto coerente con la destinazione funeraria dell'edificio, poiché prefigura il tema della resurrezione.
Oltre a Gian Galeazzo, a sua madre Maria Vittoria, alla moglie Teresa e alla figlia Luigia con marito, figli e discendenti, nella cripta del mausoleo è sepolto l'architetto Cantoni, il quale (come ricorda la lapide nera murata nella facciata della chiesa, a destra) “edificò la chiesa e questo cimitero non sapendo che l'avrebbe costruito anche per sé”.
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