Dichiarata nel XIX secolo monumento nazionale, è il più importante monumento d'arte barocco-seicentesca dell'arcidiocesi reggina. Fu fatta erigere nel 1539 dall'arcivescovo Agostino Gonzaga come "Cappella della Santissima Trinità", e successivamente fu trasformata dalla Congregazione del Santissimo Sacramento, con bolla apostolica del 1548, in "Cappella del Santissimo Sacramento"; a quel tempo infatti la congrega era una delle istituzioni più fiorenti della città.
Nel 1599 fu fatta restaurare dall'arcivescovo D'Afflitto (1594-1638), e successivamente da mons. Polou, che ne commissionò un'opera di abbellimento iniziata nel 1640, ma nel 1642 i lavori furono interrotti. Il 14 febbraio 1655 i Rettori della Cappella del Santissimo Sacramento affidarono al maestro scalpellino messinese Placido Brandamonte l'opera di abbellimento della Cappella. L'opera fu terminata nell'agosto del 1655.
La cappella fu danneggiata dal terremoto del 1783 e da quello del 1908, e diversamente da quanto accadde per la Cattedrale, che fu demolita e ricostruita ex novo in un luogo differente, si ebbe il buon senso di salvare la Cappella, che fu collocata all'estremità del transetto sinistro del nuovo Duomo di Reggio.
I lavori compiuti per riportare la Cappella allo stato originario durarono parecchi decenni, perché nel frattempo i bombardamenti aerei del 1943 causarono un incendio che danneggiò gravemente la Cappella, ma per volontà dell'arcivescovo Ferro la Cappella fu nuovamente restaurata ed inoltre arricchita con dei quadri del pittore reggino Nunzio Bava, quindi fu riaperta al culto il 28 dicembre 1965.
I quadri di Nunzio Bava rappresentano episodi dell'Antico e del Nuovo Testamento. Le pareti della cappella sono decorate con intarsi a mosaico fiorentino del XVIII secolo, mentre i soggetti floreali e animali sono realizzati con marmi teneri colorati e smalti di Venezia.
Negli angoli, in otto nicchie, sono inserite le statue rappresentanti i santi apostoli Pietro e Paolo, i quattro Evangelisti, ed i due dottori eucaristici San Tommaso e San Bonaventura, tutte in marmo bianco, opere di Francesco Jerace e Concesso Barca.
Sull'altare maggiore fanno spicco le quattro colonne in pregiatissimo porfido nero con venature gialle, ed il quadro di Domenico Marolì da Messina, olio su tela del 1665 raffigurante il "Sacrificio di Melchisedeck".
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