Il palazzo fu edificato a partire dal 1661, al tempo dell'arcivescovo Ascanio II Piccolomini. Terminato intorno al 1715, venne abitato per primo dall'arcivescovo Alessandro Zondadari.
Presenta una facciata realizzata alla fine del '600 in un precoce stile neogotico che si rifà alle forme dell'architettura senese del secolo XIV. L'ordine inferiore è a strisce bianche e nere, quello superiore in laterizio, risalente al 1718-1723. Le bifore del piano nobile sono decorate nei vetri con le insegne dell'arcivescovo Giovanni Pierallini che restaurò la facciata nel 1877.
Rimane oggi di pregevole valore la cappella di Palazzo, in forme tardo barocche, secondo il progetto voluto dal cardinale arcivescovo Antonio Felice Zondadari. La cappella è intitolata a san Biagio, vescovo e martire, in continuità col titolo dell'antica chiesa presso l'episcopio, demolita insieme al vecchio palazzo; ogni anno nella festa del santo (3 febbraio) la cappella viene aperta al pubblico per le celebrazioni religiose e l'omaggio alla reliquia con la quale si benedice la gola, secondo la tradizione. Sull'altare è posta la tela di Francesco Rustici (Rustichino), realizzata agli inizi del '600, raffigurante i Santi Biagio e Ansano in venerazione della Vergine col Bambino. Sulla parete sinistra una tela di Ventura Salimbeni, opera risalente alla fine del '500, in cui figura l'arcivescovo Ascanio I Piccolomini che presenta una ragazza miracolata alla Vergine Maria. Sulla parete destra invece la tela di Domenico Manetti, datata intorno alla metà del '600, rappresentante lo Sposalizio della Vergine. La volta fu affrescata da Vincenzo Meucci, su commissione dell'arcivescovo Alessandro Zondadari, e raffigura la Madonna in gloria fra i santi patroni di Siena: Ansano, Crescenzio, Savino e Vittore.
Nei saloni del piano nobile si possono ammirare dipinti dei maggiori autori senesi del XVII e XVIII secolo. Di particolare pregio la sala delle Udienze, decorata ad affresco in stile neo-classico a partire dal 1877, che conserva fra le altre opere tre tele a soggetto sacro di Francesco Vanni, una di Alessandro Casolani e una lastra marmorea degli inizi del '300, proveniente dalla chiesa senese di San Pellegrino alla Sapienza, con incisa una Crocifissione attribuita a Guccio di Mannaia.
Lo studiolo e la biblioteca privata dell'arcivescovo sono decorati con affreschi risalenti al senese Liborio Guerrini, che li realizzò alla fine del '700 sotto l'episcopato di Tiberio Borghesi.