L’Oratorio di San Michele, situato vicino alla Torlonga del Castello Carrarese, sorge sulle rovine di un edificio sacro, dedicato ai santi Arcangeli, risalente probabilmente all’epoca longobarda. L’iscrizione presente sulla lapide accanto alla figura di San Michele, rivela con certezza la data di costruzione, 1397, il nome del committente, Pietro di Bartolomeo de Bovi e il nome dell’artista che realizzò la decorazione, Jacopo da Verona, un pittore che giunge a Padova forse al seguito di Altichiero da Zevio e con il quale collabora alla decorazione dell’Oratorio di San Giorgio. L’Oratorio di San Michele presenta al suo interno un ciclo affrescato con le storie della Vita della Vergine e nell’ambito del sito seriale “I cicli affrescati del XIV secolo di Padova” rappresenta l’ultimo brano della storia della pittura ad affresco nella Padova del Trecento.
Nell’Oratorio di San Michele, Jacopo da Verona portò a compimento tutte le innovazioni introdotte da Giotto: si affina e definisce la tecnica dell’affresco, si rafforza l’illusionismo nella ricerca spaziale e prospettica, gli stati d’animo dell’uomo sono indagati in una dimensione quotidiana, la narrazione fluisce nello scorrere degli episodi e l’attualizzazione e “laicizzazione” della storia sacra, oltre a inserire personalità illustri nelle storie bibliche o nelle vite dei santi, arriva a sostituire con i committenti e i loro familiari, i personaggi della storia sacra stessa.
Le vicende esecutive del ciclo affrescato nell’Oratorio di San Michele si legano profondamente con la storia stessa della tecnica dell’affresco: l’anno seguente l’esecuzione, nel 1398, un altro importante artista e teorico, Cennino Cennini, che a Padova scriverà il suo Libro dell’arte, il primo trattato di tecniche artistiche della storia medioevale, dove illustra dettagliatamente la tecnica dell’affresco di Giotto, citato come “principio della moderna pittura”.
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