Situata nella zona della Rivera, una delle più antiche del centro storico, a ridosso del fiume Aterno, la fontana è costituita da novantatré mascheroni in pietra e sei cannelle singole, dalla maggior parte dei quali sgorga l'acqua. Secondo la tradizione, le cannelle rappresenterebbero i novantanove castelli che, nel XIII secolo, parteciparono alla fondazione dell'Aquila. La fontana costituisce quasi l'intero perimetro dell'omonima piazza quadrangolare posta adiacente alle Mura urbiche.
A pianta trapezoidale di notevole impatto prospettico, originariamente era costituita da un elaborato sistema simbolico astrologico ripetuto anche nelle aggiunte del 1582 ad opera di Alessandro Ciccarone. La fontana si sviluppa su tre fronti ed è posta ribassata rispetto alla sede stradale; sul lato aperto termina con una scalinata che guarda la medievale chiesa di San Vito.
Il perimetro della fontana, che per un lato si appoggia alla cinta muraria della città, è caratterizzato dall'intreccio di masselli di pietra bianca e rosa tratta dalla vicina cava di Genzano di Sassa, presenti anche nella facciata della basilica di Santa Maria di Collemaggio e in altri monumenti dell'Aquila. È costituita da cinque vasche poste su livelli differenti e leggermente sfalsati tra loro, sulla più alta delle quali viene immessa l'acqua tramite appositi mascheroni. Questa struttura era appositamente studiata per consentire il lavaggio del bucato che vi avvenne quotidianamente sino ai primi decenni del XX secolo.
I mascheroni sono tutti diversi fra loro e intervallati da formelle rettangolari, novantatré delle quali contenenti un fiore in rilievo e un rosone, mentre le rimanenti sei sono vuote. Queste ultime rappresenterebbero le piaghe del Cristo, mentre il rosone è a simboleggiare il ciclo della vita e quindi l'eternità.