Da fonti piuttosto tarde (una relazione pubblicata nel 1695 dal sacerdote Francesco Grisendi) ma abbastanza attendibili, si apprende che l'edificio venne progettato da un architetto ferrarese particolarmente gradito al duca: ci si riferisce certamente a Giovan Battista Aleotti, attivo (almeno saltuariamente) a Parma per i primi decenni del XVII secolo e che per Ranuccio realizzò il magnifico teatro di corte.
Contravvenendo ai dettami del Concilio di Trento, che prescrivevano per le chiese piante longitudinali e a croce latina, l'edificio venne disegnato a pianta centrale e a base esagonale.
Non si trattava comunque di un caso isolato: negli stessi anni, nella Roma papale, Bernini e Borromini proponevano per i luoghi di culto di nuova costruzione soluzioni simili che vennero prese a modello per i decenni successivi sia in Italia (Guarini, Juvarra) che all'estero (Dientzenhofer, Zimmermann). Per quanto riguarda la pianta esagonale, essa aveva una precisa funzione simbolica, quella di evocare la forza creativa di Dio: l'esagono è, infatti, composto da sei triangoli (che alludono alla Trinità), tanti quanti i giorni della creazione.
La decorazione pittorica della chiesa venne inizialmente affidata a Giulio Orlandini che, ritenendo troppo impegnativa l'intera opera, si limitò ad affrescare la zona del presbiterio: nel 1626 i terziari francescani incaricarono della decorazione della cupola Pier Antonio Bernabei che vi realizzò, insieme ai suoi allievi (il fratello Alessandro, Giovanni Maria Conti della Camera), una rappresentazione della Trinità con la Vergine e i santi nella gloria del Paradiso.
La decorazione delle cappelle venne realizzata in massima parte agli inizi del XIX secolo per interessamento della duchessa Maria Luigia, che si rivolse ad alcuni giovani artisti formatisi presso l'Accademia di Belle Arti di Parma (Tommaso Bandini, Giovanni Gaibazzi, Francesco Scaramuzza, Francesco Pescatori).
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