La chiesa, costruita nel 1252 sulle rovine di un preesistente edificio romanico, si presenta a navata unica e faceva parte di un antico convento, fondato nei primi anni del XIII sec. da Daniele, compagno di san Francesco, e del quale rimane solo il pozzo ed una parte del chiostro. Analogamente a quanto si è verificato per la cattedrale dell'antico borgo, l'importante edificio religioso nel corso dei secoli ha conosciuto periodi di grandezza e splendore alternati a epoche buie, di decadenza e distruzione. Con la venuta dei francesi nel 1806 i frati dell'attiguo convento, temendo la confisca dei beni, portarono via tutte le opere ed i beni in essa presenti, impoverendo e disperdendo così l'enorme e ricco patrimonio artistico della chiesa.
Tra il 1806 e il 1897 la chiesa venne adibita a prigione e subì enormi danni. Con la chiusura del carcere, l'edificio rimasto vuoto e privato della sua funzione di luogo di culto, ospitò un mulino, un frantoio e abitazioni per uso civile. La struttura sembrava definitivamente compromessa fin quando, grazie alla Sovraintendenza alle antichità della Calabria, nel 1951 iniziarono i lavori di recupero e restauro dell'edificio che si protrassero per oltre vent'anni e consentirono all'intero complesso architettonico di essere recuperato e riportato all'antico splendore.
La facciata principale, sulla quale si apre un imponente portale gotico ad arco acuto, con triplice archivolto decorato con motivi di ispirazione arabo-normanna, è inoltre arricchita da una monadatura, da diversi capitelli e da una svastica raffigurante il sole che, nella simbologia orientale, rappresenta l'eternità.
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