L'edificio, appartenuto alla famiglia De la Padella quindi passato ai D'Adda nel 1544 e infine ai Borromeo dal XVII secolo, rappresenta dal punto di vista strutturale il momento di transizione dalla tipologia del casino di caccia a quella della villa rinascimentale lombarda. La compatta costruzione, che si snoda intorno a una corte rustica, è caratterizzata all'esterno da un paramento murario, piuttosto ricorrente in zona, a bande di laterizio alternate a ciottoli di fiume disposti irregolarmente a spina di pesce.
Le pareti di una stanza della torre trecentesca eretta nell'angolo nord-ovest della corte sono decorate con un ciclo di affreschi quattrocenteschi a soggetto profano riscoperti nel 1927 dal conte Gian Carlo Borromeo, proprietario dell'edificio. La decorazione pittorica si svolge lungo le pareti della stanza senza soluzione di continuità: sulla parete nord, priva di aperture, si incontrano La caccia alla tesa (cioè lo stagno dove si allevavano anatre, gru, aironi), Il cavaliere accolto nel giardino d'amore e La caccia con il falcone; la parete breve a ovest accoglie La caccia all'orso mentre la parete sud, divisa in due dalla porta-finestra, presenta Il gioco con gli orsi e L'allevamento degli orsetti. Le scene sono delimitate in alto da una fascia decorativa a motivi floreali cui si alternano gli stemmi dei De la Padella; in basso da una serie di finte specchiature marmoree policrome. Resi noti nel 1933 da Fernanda Wittgens, gli affreschi furono collegati all'ambito stilistico dei fratelli Zavattari, responsabili della decorazione della cappella di Teodelinda nel duomo di Monza.
Si consiglia di verificare la corrispondenza degli orari di apertura contattando direttamente la struttura.