L'abbazia fu fondata intorno al 1095 dal monaco e sacerdote Bartolomeo di Simeri, con l'ausilio di alcuni ricchi normanni, e venne dedicata a "Santa Maria Nuova Odigitria", anche se è conosciuta con il nome di "Santa Maria del Patìr", o semplicemente "Patire". Nel 1105 il pontefice Pasquale II gli concesse il diritto di immunità dalla giurisdizione vescovile.
In epoca normanna divenne uno dei più ricchi e rinomati monasteri dell'Italia Meridionale. L'abbazia possedeva anche una ricca biblioteca e uno scriptorium dove lavoravano monaci amanuensi per la trascrizione di antichi codici. Dal XV secolo il monastero del Patire conobbe un lungo ma inesorabile decadimento, come tutti i monasteri italo-greci, finché nel 1809 venne soppresso dai francesi.
La chiesa possiede una pianta basilicale latino-normanna con tre absidi rivolte ad Oriente. La navata centrale, caratterizzata dal tetto ligneo a capriate, è divisa dalle due laterali da quattro ordini di arcate a sesto leggermente acuto poggianti su colonne formate da conci sovrapposti di arenaria, hanno base ionica e sono prive di capitelli. L'area presbiteriale è leggermente in rialzo rispetto al corpo della chiesa, ed è delimitata da quattro pilastri in cui si incuneano in funzione decorativa 4 colonne con capitello corinzio provenienti probabilmente dalle rovine dell'antica Thurio.
La chiesa è caratterizzata anche dall'antico pavimento a mosaico, solo in parte salvato, risalente al XII secolo, voluto dall'abate Biagio, rappresentante alcune figure di animali reali e mitologici. Dalle poche figure rimaste risultano evidenti influenze di figure e stilemi dell'opera del presbitero Pantaleone nel mosaico di Otranto (riscontrabili in altre chiese pugliesi dalle Tremiti alla più vicina Taranto). Nella chiesa si conserva un crocifisso ligneo del Seicento e l'effigie della Madonna del Patire, datata alla fine del XIX secolo.
Si consiglia di verificare la corrispondenza degli orari di apertura contattando direttamente la struttura.