La storia del Muvar ha inizio nel 1988, quando Aldo Villabruna scoprì casualmente i resti di un cacciatore preistorico lungo la Val Schenèr, nel Bellunese. La scoperta, avvenuta durante i lavori di rettifica del tracciato stradale, portò all’avvio di scavi archeologici diretti dal professor Alberto Broglio dell’Università di Ferrara. L’Uomo della Val Rosna, così denominato, è uno dei reperti più antichi mai rinvenuti nell'area alpina, rappresentando una testimonianza unica della vita e delle pratiche funerarie del Paleolitico Superiore.
Il Muvar si sviluppa attraverso nove sale espositive, offrendo un percorso didattico-divulgativo che combina ricostruzioni e filmati, permettendo ai visitatori di immergersi completamente nella vita dell’uomo preistorico. Dalla rappresentazione dei luoghi del ritrovamento alle abitudini quotidiane del cacciatore, ogni dettaglio è curato per offrire un'esperienza educativa e coinvolgente. Le ricostruzioni multimediali, progettate dall'architetto Marino Baldin e accompagnate dai contenuti video del regista Stefano Zampini, ricreano le condizioni di vita dell'epoca, inclusi i momenti più crudi come la macellazione con strumenti in selce.
Il Muvar non si limita a raccontare la storia di un semplice cacciatore, ma mette in luce tre primati straordinari: la sepoltura dell’Uomo della Val Rosna è tra le più antiche delle Alpi, il corredo funerario con pietre dipinte rappresenta un eccezionale esempio di arte funeraria, e la sua dentatura rivela il primo caso documentato di cura odontoiatrica, con tracce di un trattamento innovativo per l'epoca.
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