Il museo si compone di 3 sale e l’infernot. È costituito da una prima sala in cui la narrazione comincia dalla ricerca dell’oro in California, dove il bisnonno di Luca Ferraris trovò fortuna, prosegue con i documenti, gli strumenti di lavoro contadino, le macchine agricole recuperati dalla famiglia e si conclude con la figura di Don Giacomo Cauda, il papà del Ruchè. Negli anni ‘60 il parroco di Castagnole Monferrato fu, infatti, il primo a recuperare alcune vigne abbandonate, credere nelle potenzialità dell’uva che questi filari fruttano per produrre un vino varietale, secco, in purezza, che vinifica e comincia a vendere in bottiglia, dando inizio così all’affermazione del Ruchè in Piemonte.
La seconda sala è un omaggio al Monferrato, patrimonio Unesco di indubbia bellezza e alle caratteristiche che lo rendono terroir vocato alla produzione di grandi vini come la stratificazione geologica millenaria dei terreni. Foto e video abbracciano completamente il visitatore che compie l’esperienza di immersione nel territorio anche attraverso le postazioni olfattive dove si esplorano i profumi profondi del Ruchè. In questa sala il protagonista è Randall Grahm, enologo americano, pioniere dell’introduzione di alcune varietà di vite francesi in California, amico di lunga data di Luca Ferraris e antesignano sostenitore del Ruchè negli Stati Uniti già nel 2003.
La terza è la Sala Cinema: un docu-film che accompagna il visitatore nella storia moderna di Ferraris e del Ruchè, dalla “malora” ai successi di un vitigno sempre più apprezzato dai consumatori chiudendo così, grazie alle voci dei protagonisti storici e attuali, il racconto vincente di un piccolo grande autoctono che ha conquistato il mondo. Ultima tappa della visita al Museo, l’Infernot la cui pietra, bianca arenaria qui nominata anche “da Cantoni”, permette la conservazione negli anni delle bottiglie grazie all’umidità e alla temperatura che mantiene costante.