La facciata originale della basilica, risalente al secolo XII, è frutto di un restauro in stile neoromanico, compiuto dall'ingegnere Giovanni Brocca tra il maggio 1864 e l'agosto 1865. Essa presenta da allora la tipica forma a capanna, con archetti sporgenti al di sotto del cornicione superiore, tre portali sormontati ciascuno da una lunetta musiva, una bifora sopra il portone centrale e due monofore sopra quelli laterali. All'angolo sinistro, adiacente alla facciata del convento domenicano, vi è il pulpito dal quale predicava l'inquisitore Pietro Martire.
Sul fianco meridionale della basilica prospettano le absidi delle cappelle gentilizie edificate fra Trecento e Quattrocento (v. sotto), restaurate tra il 1864 e il 1872 dall'architetto Enrico Terzaghi, che le liberò dalle sovrastrutture accumulatesi tra il XVII e XVIII secolo. Preziosa fonte di notizie di prima mano sui restauri della basilica è costituita dalla cronaca redatta dal sacerdote Paolo Rotta, che seguì tutte le fasi dell'intervento insieme all'ingegner Andrea Pirovano Visconti: entrambi saranno protagonisti, qualche anno dopo, del salvataggio della chiesa di San Vincenzo in Prato.
Il campanile, posto sul retro della chiesa, ospita un concerto di 6 campane. Sulla sommità, in luogo della consueta croce, è posta una stella a 8 punte, simbolo della stella che guidò i Magi a Betlemme. Il campanile ospitò il primo orologio pubblico d'Italia.
L'interno della basilica è suddiviso in tre navate sormontate da volte a crociera. Sono presenti sette coppie di pilastri a fascio, cinque dei quali composti in modo eterogeneo con coppie alternate di semi colonne e paraste.
Nel sottocoro si apre una piccola cappella, interamente decorata con stucchi e affreschi recanti episodi della Bibbia e dei Vangeli, realizzati da Carlo Urbino nel 1575. Sulla pareti della cripta, la Leggenda dei Sette dormienti, anch'essa di Carlo Urbino.
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