Il palazzo venne eretto su progetto dell’architetto faentino Giuseppe Pistocchi, artefice delle più alte opere d'arte architettoniche neoclassiche faentine.
La soluzione finale della facciata, che è caratterizzata dal lieve aggetto della parte centrale ed è tra più rilevanti architetture del Corso, è stata molto probabilmente imposta dal gusto del committente. Il piano terra della facciata è decorato da un bugnato liscio e continuo che incorpora le finestre incorniciate e il portone.
Il piano nobile, scandito nella parte centrale da sei paraste i cui capitelli sono una estrosa simbiosi di cornucopie e capitelli corinzi, è caratterizzato dalle finestre inquadrate da timpani e colonnine. La porta finestra centrale, sormontata da un imponente trofeo reggistemma di Antonio Trentanove, autore anche di una statua raffigurante Ercole posta sullo scalone, si affaccia sul balcone sorretto da teste di leone.
Nel secondo dopoguerra, a seguito degli interventi di dismissione del palazzo, portarono alla demolizione delle ali del palazzo, con la perdita degli interventi di Pietro Tomba e dei decori di Romolo Liverani, vennero tolti il portone in legno e la raffinata cancellata in ferro battuto sormontata dalla corona gentilizia, venne demolito il cortile interno e il fondale dello stesso, vennero incisi con aperture moderne i fianchi esterni e interni del palazzo e, nel contempo chiusi tutti gli archi e le finestre del prospetto posteriore del palazzo.
Al piano nobile gli affreschi di Felice Giani furono in buona parte staccati e solo di recente sono stati in parte ricollocati, mentre i pannelli di Giovan Battista Ballanti Graziani, staccati dalle sale e depositati in una stanza a piano terra furono rubati poco dopo.
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