Varrone ricorda come nel Foro erano erette dodici statue di dei consentes, sei dei e sei dee, versione romana dei dodekatheon ("dodici dei") greci. A Roma gli accoppiamenti erano Giove-Giunone, Nettuno-Minerva, Apollo-Diana, Marte-Venere, Vulcano-Vesta, Mercurio-Cerere.
Nel 1834 venne scoperto alle pendici del Campidoglio, vicino al tempio di Saturno, un edificio inconsueto con otto vani con pareti in mattoni disposti lungo due lati, a angolo ottuso, preceduto dai resti di un portico colonnato. Il colonnato venne rialzato e restaurato nel 1858, sostituendo le colonne mancanti con fusti di travertino.
Molto probabilmente era in sei di questi ambienti che, a due a due, erano ospitate le statue delle quali parla Varrone. A conferma di ciò venne rinvenuta anche l'iscrizione incisa sull'architrave, con la dedica agli Dei Consenti dal praefectus urbi Vettio Agorio Pretestato in occasione del restauro del 367, l'ultimo intervento pubblico in Roma riguardante il culto degli antichi dei
Il portico è formato da due ali di colonne in stile corinzio congiungentisi ad angolo ottuso che sorreggono una architrave. Alle spalle del portico, incassate nel rialzo dove esso poggia, vi sono sette celle, probabilmente tabernae.
Le colonne di cipollino hanno le baccellature riempite con bastoncini, le liste tra le baccellature sono ornate similmente. I capitelli hanno trofei sui lati: l'esemplare meglio conservato si trova nel Tabulario Capitolino. Almeno le taverne, l'architrave e i capitelli appartengono alla ricostruzione di età flavia, nonostante l'iscrizione del IV secolo.