La casa appartenne a un Publio Cornelio Tegeste, probabilmente un mercante del ceto medio pompeiano, che si era arricchito tramite i traffici commerciali: visto anche i numerosi ritrovamenti di oggetti, l'uomo doveva essere un cultore o collezionista di opere d'arte. Frutto dell'unione di due o tre abitazioni, la casa nel periodo precedente all'eruzione era in uso, come dimostrato anche dal rinvenimento di tre scheletri, tuttavia era in fase di restauro come testimoniano i calcinacci nel giardino, che non era utilizzato quindi come luogo di svago, la mancanza di utensili da cucina, un letto posto in un ambiente non adibito a tale funzione e alle decorazioni in quarto stile del tutto complete.
Probabilmente i proprietari, durante il restauro o prima del terremoto del 62, erano partiti da Pompei e lasciato la casa alla gestione del personale di servizio. Venne seppellita quindi sotto una coltre di ceneri e lapilli durante l'eruzione del Vesuvio del 79 e fu esplorata e riportata alla luce in più fase: la prima nel 1912 e poi tra marzo e settembre del 1925, anche se i lavori si protrassero fino al 1927. La casa si trovava ad una profondità di tre metri dal suolo di calpestio e le indagini iniziarono praticando un tunnel dalla casa del Sacerdote Amando: tuttavia varchi nelle mura evidenziarono che questa già era stata esplorata precedentemente. Negli anni 10 del XXI secolo l'abitazione venne sottoposta a restauro, riaprendo al pubblico nel dicembre 2015.